A PROPOSITO DI FORESTA AMAZZONICA: INTERVISTA A P. MIGUEL PIOVESAN

Posted on luglio 3, 2009. Filed under: Ambiente | Tag:, , , , |

Qualche giorno fa ho potuto intervistare don Michele “Miguel” Piovesan, un missionario di quelli che io dico “con la tuta mimetica”, con il quale da qualche anno stiamo cercando di realizzare piccole azioni di cooperazione allo sviluppo nella regione peruviana del Purus, al confine con il Brasile, in piena foresta amazzonica. Mi sembrava un’opportunità formidabile per avere un punto di vista autorevole, da parte di una persona che vive in Sudamerica da moltissimi anni, sia sul ruolo storico delle chiese (non solo quella cattolica) in quell’area, sia soprattutto sulla questione ambientale dell’Amazzonia che anche Giuliano ha affrontato recentemente nel suo post.

Buongiorno Miguel, mi racconti brevemente la tua storia? Da quanto sei in Perù, come sei arrivato alla Parrocchia del Purus, quanti parrocchiani hai…
Padre Miguel a Monastier

Padre Miguel con il suo caratteristico copricapo

Sono nato a Pralongo di Monastier (TV), sul Piave, nel Veneto, nel 1949. Sono il 13° di 15 fratelli, una classica famiglia povera del dopoguerra, in cui i genitori insegnavano che “è meglio poveri ed onesti che ricchi e con la coscienza non tranquilla…” Devo dire che il gruppo famigliare numeroso mi ha allenato alla comunione della diversità ed al dibattito immediato sul dissenso. Le otto sorelle e i sei fratelli mi hanno inoltre trasmesso un equilibrio che sento come un tesoro, se penso ai tanti che attualmente hanno bisogno di terapie psicologiche…
Gli anni di seminario mi hanno garantito un’istruzione valida. In seguito, uscendo dall’Italia, ho scoperto che il nostro Paese non è il centro del Mondo. E adesso, ritornando ogni tanto, vedo che è sempre meno quella Nazione meravigliosa con una propria identità di artisti, ingegneri, filosofi, imprenditori…
A 20 anni sono stato inviato in Argentina, dove ho finito gli studi teologici ed ho ricevuto l’Ordine Sacro, assegnato alla Diocesi di Viedma in Patagonia. Nel 1989 ho fatto anche uno studio in Colombia sull’ecumenismo.
Per 20 anni sono stato parroco in diverse parrocchie della Provincia di Rio Negro. Nel 1992 la diocesi mi ha inviato (perché mi ero offerto) presso un vicariato in una zona montagnosa del Perù con pochi sacerdoti e con mille problemi. Siamo durante il periodo tormentoso delle azioni di “Sendero Luminoso”, che faceva invece molto “buio” sulla società, con azioni crudeli e morti continue, ingiuste ed assurde.
Nel 1999 sono stato nominato parroco (niente a che vedere con i parroci in Europa!) nella regione amazzonica del fiume Purus. Una zona isolatissima: non c’ è altra maniera di raggiungerla se non con un aereo privato! La zona è abitata da dieci gruppi etnici, ciascuno con la propia lingua ed identità: Cashinahua, Sharanahua, Culina, Mastanahua, Chaninahua, Amahuaca, Ashaninka, Yines, Piros, Mestizos. Sono tutti contadini, vivono di caccia, pesca e agricoltura. I gruppi etnici risiedono complessivamente in 44 villaggi, ciascuno composto dai cento ai trecento abitanti. La somma della popolazione non supera i 5 mila abitanti.
Il loro isolamento geografico ha naturalmente provocato anche un isolamento storico. Lo sviluppo tecnologico in molti casi è ancora in una fase che si potrebbe definire preistorica. (Alcuni gruppi non conoscono nemmeno la ruota n.d.r.).
Appena arrivato, la gente mi ha supplicato affinché collaborassi a rompere il loro isolamento, realizzando in qualche modo una connessione fisica con il resto della Nazione. Mi sono messo all’opera, ma la presenza nel posto di gruppi evangelici integralisti, praticanti forme di fanatismo ossessivo, ha ridotto di molto il nostro agire.
Inoltre certi “sbirri” del Primo Mondo con vestiti “messianici”, hanno proposto azioni di accompagnamento allo sviluppo (educativo, sanitario, organizzativo, ecc) in maniera aggressiva, al punto da creare una rottura ed uno scontro fra Chiesa e popolazione (che cerca comunque un minimo benessere) da una parte, e gruppi di potere internazionale dall’altra, arrivando anche a gravi e ripetute minacce.

Allora ti faccio una domanda che avrei fatto anche ai primi Gesuiti arrivati in quei posti così difficili: secondo te come si fa a conciliare l’evangelizzazione e l’educazione con la salvaguardia delle tradizioni locali?
Per fortuna la Chiesa si è ravveduta abbastanza sugli errori commessi nel passato in nome dell’evangelizzazione. Infatti come sappiamo in America la Chiesa è arrivata sulle barche della conquista del Regno di Castilla, e la Croce è apparsa assieme alla spada. Nonostante questo, la presenza della Chiesa è stata sempre un freno alla conquista. Gli sbagli metodologici dell’uso della lingua latina anche per i non latini (guarda un po’: proprio oggi le ordinazioni lefevbriste a Econe…), la liturgia romana (che ancora sussiste, sfortunatamente), e l’imposizione a volte anche involontaria della cultura “occidentale e cristiana”, senza capire e senza valorizzare le culture locali… tutti questi sbagli per fortuna hanno insegnato a rivedere le metodologie.
Oggi la Chiesa in America Latina è senza dubbio molto più vicina alla gente rispetto ad esempio a quella Italiana. Lo prova il fatto che la gerarchia non ha e non vuole tutti quei privilegi, quel potere che si colgono in Italia. Un altro segno di una più genuina comunione è il protagonismo dei laici, sempre molto intenso. E poi un altro elemento di questa vicinanza è la liturgia, che è senza dubbio più “incarnata” nell’identità locale, più vivace, meno controllata dalla gerarchia ecclesiastica, più “festosa” direi, ed anche più connessa ed impegnata con la realtà quotidiana. Insomma più fedele al Concilio Vaticano II.

P. Miguel con alcuni suoi piccoli parrocchiani

P. Miguel con alcuni suoi piccoli parrocchiani

Il fatto di dover “attingere l’acqua come e con la Samaritana”, il fatto della fame che esige una moltiplicazione del pane, il fatto di una cecità, di una sordità, di una ignoranza (non rimproverabili) che richiedono un impegno straorinario per trasformare strutture e persone, sono tutti elementi che ispirano molto meglio una religione che faccia da ponte fra terra e cielo, che esigono (e provocano) un cristianesimo più coerente. I Vescovi, i preti, i laici impegnati, uccisi durante gli ultimi anni nel continente, sono il segno di questa religione “con la gente e per la gente”.
Il vescovo attualmente Presidente in Paraguay, come altri preti “sindaci”, sono un’altra espressione di questo fenomeno di religione “incarnata”. Dal mio punto di vista, basta sentire che il messaggio di Gesù Cristo è una proposta, un invito a scoprire il Regno dei cieli nascosto nei sacramenti, ma nascosto anche in ogni uomo di buona volontà, ciascuno con la propria cultura e sensibilità, ed anche con la propria dinamica e ritmo di conversione.

Ogni tanto (raramente) ci arrivano notizie di manifestazioni degli Indios peruviani a difesa della foresta. Tu che ci vivi, ci spieghi cosa sta succedendo veramente in Perù con gli ambientalisti? Perché è importante per le comunità in cui vivi costruire una strada di 100 km in mezzo alla foresta? Cosa pensano e cosa fanno veramente gli Indios? C’è qualcuno che sta approfittando della situazione?
Bisogna partire da un dato di fatto: in quella e in altre regioni l’isolamento impedisce qualsiasi minimo miglioramento e benessere. Non solo. Il costo della vita a volte è superiore anche del 1000% rispetto al resto del Perù a causa delle difficoltà di trasporto. E non dimentichiamoci che senza un minimo di mezzi di comunicazione, chi si ammala muore. Siamo in una regione che ha l’indice di analfabetismo tra i più alti del pianeta, dove la popolazione è esclusa da tutto ciò che la scienza e la tecnica possono offrire all’umanità, dove la gente è costretta comunque a vivere nella miseria, nella povertà e nella sofferenza.
Dall’altra parte, nel 2004 una grossa fetta del territorio degli Indios è stata sottratta alle popolazioni per convertirla in un Parco Nazionale. “Bene!” si dirà… Ma il fatto è che in realtà quella è una riserva ecologica per il Primo Mondo intossicato di carbonio.
Sul resto del territorio, ricco di legno pregiato, è stata vietata la commercializzazione di questo legname da parte delle popolazioni locali: praticamente è stata tolta loro una delle poche possibilità di vivere e svilupparsi.
Poi c’è la questione delle organizzazioni ambientaliste. Emissari di WWF, Ryan Forest, Park Watch, e di tante altre organizzazioni “ecologiche” non governative, hanno iniziato una campagna di lavaggio del cervello sugli indigeni, sollevando ad esempio l’argomento che “se faranno la strada sarà il loro sterminio, se si metteranno in contatto con il mondo esterno, sarà la loro fine”.
Queste organizzazioni hanno creato, guidato e sovvenzionato un’organizzazione indigena denominata “FECONAPU”, che serve sostanzialmente alla loro (delle organizzazioni n.d.r.) remunerazione, e fanno dire e firmare agli Indios quello che interessa alle Organizzazioni Internazionali.
Il fatto è che mentre questi emissari viaggiano comodamente in aereo, e ricevono un lauto stipendio in Dollari, gli indigeni, convinti da costoro che “Dio li ha creati per badare al bosco, polmone del mondo”, hanno loro i polmoni senza ossigeno, sono denutriti, e vivono esclusi ed isolati. In sostanza ho l’impressione che il grande interesse di questi rappresentanti del Primo Mondo sia espressamente l’ossigeno, ma, appunto, solo per il Primo Mondo! E poi, sotto sotto, c’è il discorso dell’ acqua, del petrolio, dell’oro che abbondano in questa regione.
È davvero triste vedere come in Europa questi “verdi” predichino la salvezza della specie umana, mentre nel Purùs mostrano chiaramente di non dare nessuna importanza all’essere umano. Piangono, gridano e si stracciano le vesti se si taglia un albero, ma nulla sembra importare loro se un uomo muore nella nostra selva.
Mi permetto di aggiungere una cosa. Di fronte a questi problemi la Chiesa Evangelica, molto potente e presente nel luogo, insegna la rassegnazione perchè “se le cose stanno così, è perché Iddio ha voluto così…” Invece la Chiesa Cattolica (Vescovi, parroci, consigli parrocchiali), e il Fronte di Difesa dei Diritti del Popolo hanno preso una posizione chiara di denuncia, ed hanno cominciato a costruire la strada. Il vescovo, Mons. Francisco Gonzalez Hernandez, è addirittura vicepresidente della “Commissione Pro-strada”. Allora le organizzazioni pseudo-ecologiste hanno subito “istruito” i loro dirigenti, al punto da far firmare loro diverse minacce contro il parroco ed altre personalità, attive nella promozione umana, nello sviluppo sostenibile della regione e nella lotta all’isolamento imposto da questi falsi “salvatori dell’umanità”.
Come proseguirà questa situazione non si sa. Quello che è chiaro sono gli interessi dei potenti, sempre e comunque a scapito dei più deboli.
Ti ringrazio, complimenti per il blog, al quale accederò, se riesco, con molto piacere, partecipe della vostra nobile curiosità, rispondendo alle tue domande che magari possono aiutare i più ingenui a riflettere su argomenti come il ruolo dei mass media, in mano sempre ai (pre)potenti!
Grazie a te Padre Miguel, in bocca al lupo per tutto, buon lavoro e alla prossima!

Alvise

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14 Risposte to “A PROPOSITO DI FORESTA AMAZZONICA: INTERVISTA A P. MIGUEL PIOVESAN”

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Ho potuto leggere solo ora l’articolo, anche perché era un po’ lungo. Complimenti per l’intervista! Saluta padre Miguel da parte nostra.

SOBRE LA ENTREVISTA AL SEÑOR MIGUEL PIOVESAN, TENGO QUE INFORMAR QUE SU PERCEPCION ES MUY POLITICA NO OBSTANTE SU ROL DE PARROCO DE LA PARROQUIA SANTA ROSA. HACE AFIRMACIONES SESGADAS A SUS INTERESES, REFIERE MEDIAS VERDADES, CON ESTA ACTITUD NO VA CONVENCER A LAS COMUNIDADES, EL DEBE SER MAS SINCERO EN SUS PROPOSITOS Y EN LO QUE EL DIFUNDE.

PRIEMERO: LA HIPOTETICA VIA QUE PODRIA CONECTAR PUERTO ESPERANZA CON IÑAPARI NO SON 100 KILOMETROS COMOEL AFIRMA, CON DATOS GPS, LA DISTANCIA EN LINEA RECTA ES 240 KILOMETROS, EL TRAMO DE CARRETERA QUE SUPUESTAMENTE EXISTE EN LA REGION MADRE DE DIOS QUE PODRIA CONECTARSE, ES UNA TROCHA DE TRACTORES FORESTALES QUE SACAN MADERA LOS AGENTES MADEREROS Y TALADORES.
LA HIPOTETICA CARRETERA DE VIABILIZARSE AFECTARIA LA INTANGIBILIDAD DE LAS RESERVAS TERRITORIALES DE LOS INDIGENAS EN AISLAMIENTO VOLUNTARIO QUE EL ESTADO PERUANO A CREADO EN COORDINACION CON EL ESTADO BRASILÑO; ADEMAS DE LA RESERVA COMUNAL PARA LAS COMUNIDADES INDIGENAS ASENTADAS EN EL RIO PURUS.
LA FECONAPU ES LA ORGANIZACION REPRESENTATIVA DE TODAS LAS COMUNIDADES INDIGENAS ASENTADAS EN PURUS Y LA FENAMAD DE LAS COMUNIDADES INDIGENAS DE MADRE DE DIOS; ELLOS NO ESTAN DE ACUERDO DE LA CONSTRUCCION DE UNA CARRETERA QUE COMPROMETE SU INTEGRIDAD DE SUS TERRITORIOS Y RECURSOS NATURALES.

EL PURS POR SER UNA PROVINCIA CON ALREDEDOR DEL 83% DE POBLACION INDIGENA, LA POLITICA DEL ESTADO ESTA DIRIGIDA A IMPLEMENAR EL DESARROLLO EN ACORDE CON SU REALIDAD SOCIOECONOMICA SIN MENOSCABAR SUS OPORTUNIDADES DE DESARROLLO EN EQUIAD CON LA SOCIEDAD NACIONAL BUSCANDO SU EMPODERAMIENTO.

FINALMENTE, EN EL SECTOR MARE DE DIOS LAS INSTITUCIONES Y ORGANIZACIONES SOCIALES Y EL PUEBLO EN GENERAL NO ESTAN DE ACUERDO QUE SE ATARVIEZE CON CARRETERA LAS RESERVAS INDIGENAS Y EL PARQUE NACIONAL ALTO PURUS PORQUE ESTA HIPOTETICA VIA AFECTARIA LOS BOSQUES QUE PROTEGEN LA CUENCA ALTA DE LOS RIOS QUE PROVEEN DE FUENTES DE AGUA Y RECURSO A LA POBLACION EN GENERAL.
EL PURUS TIENE OTRAS ALTERNATIVAS DE CONECTIVIDAD Y DESARROLLO INTEGRAL Y NO IDEAS ILUMINADAS QUE SE CONTRADICE CON LA REALIDAD CONCRETA.

Señor Lino,
primero le agradezco mucho por su mensaje interesante. Esto era esactamente mi objetivo: provocar un debate sobre este tema tan dificil.
Proseguo in italiano, dato che mi sembra che lei lo capisca bene (visto che ha letto il post).

Detto ciò mi permetto di osservare che non vedo niente di strano sul fatto che la visione di P. Miguel sia “politica”. Per quanto mi riguarda la Politica (con la maiuscola) dovrebbe essere una cosa positiva; la fanno e la possono fare tutti: preti, laici, uomini, donne, giovani, anziani… In questo senso la frase “nonostante il suo ruolo di parroco” per me non ha proprio senso. A mio parere l’importante è avere idee, possibilmente serie, e comunicarle. Evidentemente invece per lei l’aggettivo “politico” ha una connotazione sempre e comunque negativa.

Per quanto riguarda la sincerità, questo sì è un tema da affrontare molto seriamente! Se P. Miguel non dice la verità è un bel problema, e quindi prego entrambi (lei e P. Miguel) di aiutarci a scoprirla questa verità, con fatti, notizie, dati. Intanto sappiamo chi è P. Miguel e quali sono le sue fonti: aspettiamo di sapere chi è lei e quali sono le sue fonti, in modo da esercitare la nostra coscienza critica.
Per esempio, visto che lei afferma che le comunità (sia quella del Purus che quella di Madre de Dios) non sarebbero d’accordo con la costruzione della strada, sarebbe interessantissimo sentire le due campane, ossia un indio che è d’accordo e uno che non lo è, quali sono le loro argomentazioni, ecc. Secondo lei si può fare?
Altra domanda: quando dice che la politica dello Stato è volta ad implementare lo sviluppo sostenibile della regione del Purus, concretamente a cosa si riferisce? Anche questa sarebbe un’informazione che ci aiuterebbe molto a capire e a farci un’opinione.
Inoltre, visto che le cita, le chiedo di spiegarci quali sono le concrete alternative di connessione e sviluppo integrale di cui dispone il Purus. Giustamente, se la strada non si deve fare, immagino ci sarà un’alternativa che sarebbe interessante conoscere.

Infine una richiesta: in tutte le informazioni che vorrà darci e le considerazioni che vorrà esprimere, vorrei che tenesse conto della domanda che avevo posto a P. Miguel e che a questo punto rivolgo anche a lei per avere la sua opinione: “come si fa a conciliare l’evangelizzazione e l’educazione (ma allora anche lo sviluppo) con la salvaguardia delle tradizioni locali?” Traduzione: in base a quale diritto (divino? Terreno?) io, che vivo in Italia, nel cosiddetto “primo mondo”, se mi faccio un taglio vado all’ospedale e mi curo, mentre un indigeno del Purus può morire perché la sua tradizione è salvaguardata ma non ha accesso all’assistenza sanitaria?
Grazie per le risposte che vorrà darci e per aver contribuito al dibattito.
Alvise

è un fenomeno. ci sono pochi come lui

Hi Alvise

You I invite you to see a report issued by a Peruvian TV station:

http://www.frecuencialatina.com/www/videos_flv/FLVPlayer/flvplayer.php?id=382

If you want to see more photographic or film about the truth of the Purus, just let me know

Greeting
http://www.rafaelpino.com

LES INVITO A VISITAR LA WEB DEL AREA PROTEGIDA MAYOR DEL ESTADO PERUANO.
http://www.pnaltopurus.pe/

Ringrazio molto Jenny per aver segnalato l’articolo di Survival.
E’ esattamente quello che intendevo con l’intervista: non solo provocare un dibattito e un confronto di idee (mi pare che in questo senso stiamo andando bene), ma anche capire qual’è la strada giusta, il compromesso, con il contributo di tutti. Su questo siamo ancora un po’ indietro ma possiamo arrivarci!
Vedete tra i primi commenti il sig. Lino, che era partito bene, da un punto di vista diametralmente opposto a Miguel, ma che si era fermato alla critica, senza proposta.
Perciò rinnovo ancora, anche a Jenny, la domanda che ho fatto a Miguel: “come si fa a conciliare lo sviluppo con la salvaguardia delle tradizioni locali?”. E aggiungo: “Quale sviluppo?”.
Mi rendo conto che è un tema su cui stanno lavorando fior di cervelloni da decenni ma… chissà che da un piccolo blog non escano idee interessanti!
Non credo che Miguel abbia nessun interesse a sterminare le popolazioni indigene, e tantomeno a distruggere la loro terra. D’altra parte penso che anche queste popolazioni abbiano tutto l’interesse a vivere nella propria terra come vogliono, ma anche con un minimo di servizi che garantisca loro ad esempio prestazioni sanitarie di base, o l’acquisto di generi di prima necessità a prezzi non “europei”.
Insomma qual’è la soluzione? Qual’è il compromesso? Ci deve pur essere!
Dai ragazzi, fuori le idee!
Provo a buttare qualche elemento in più. E se si cominciasse dalla sensibilizzazione nei confronti delle Autorità peruviane per contrastare nettamente il taglio del legname illegale in Amazzonia?
Naturalmente alla prima occasione cercherò di coinvolgere ulteriormente Miguel.
Intanto grazie a tutti per il vostro interesse e i vostri contributi!

[…] Il punto di vista di don Piovesan su Amazzonia, strada e indigeni in un’intervista di tre anni fa al blog Ricostituenti […]

Costruire una strada che passa su foreste dall’enorme importanza biologica per il mio punto di vista è sbagliato.E’ scentificamente provato che quando viene costruita una strada che attraversa una foresta, quello che segue é un onda di distruzione.La strada crea una apertura ad un mondo prima remoto e porta con se disboscamento,bracconieri e minatori.Conservare l’ambiente dovrebbe essere una cosa fondamentale al giorno d’oggi, a scapito del frenetico modo in cui cerchiamo sviluppo a livello mondiale e locale.Oltretutto popolazioni indigene non hanno mai beneficiato in nessun modo qualora una strada li avesse tolti dalla loro isolazione.Isolazione da cosa poi…da un mondo basato sul consumismo e perdizione.Non metto in dubbio che certe popolazioni meritano quello di buono che la nostra società ha creato:educazione,accesso sanitario ecc…Il problema é che l’uomo viene sempre messo sopra ogni creatura vivente e che lo sviluppo sostenibile fino ad ora é solo un utopia.Nel momento in cui quella strada sarà costruita saranno come sempre poche le persone che si arricchiranno e molte quelle che raccoglieranno solo le briciole…..a scapito di un altro enorme danno ambientale.

Due buone notizie:
1: a distanza di anni ancora l’intervista provoca dibattito e confronto di idee;
2: Mirko (come altri prima di lui) ha evidenziato una critica molto interessante perchè descritta con argomenti validi e soprattutto con equilibrio e senza pregiudizi. Di questi tempi non sono atteggiamenti che si trovano spesso, quindi merita un sentito grazie!
Invito però anche Mirko ad andare oltre: davvero pensiamo che lo sviluppo sostenibile sia un’utopia (allora lasciamo perdere il dibattito!), o possiamo fare uno sforzo per vedere se può esserci un compromesso tra l’accesso ai servizi essenziali per tutti e la salvaguardia dell’ambiente e delle tradizioni?
Ultima annotazione: P. Miguel è arrivato da poco in Italia, vediamo se riesco a incontrarlo e ad intervistarlo per vedere se ci sono sviluppi sulla vicenda, o se è emersa nel frattempo qualche idea geniale per risolvere il problema.
A presto.

Alvise

Fortunatamente, il dibattito si sta allargando anche in ambito missionario. A dicembre 2013 Missioni della Consolata ha dato a Survival ampio spazio per esprimere il proprio punto di vista sulla questione. Ci è anche d’obbligo sottolineare che sino ad ora Padre Piovesan non ha mai risposto alle nostre lettere in cui lo invitavamo a un dialogo. Invitiamo tutti gli interessati a leggere il pezzo:
http://www.rivistamissioniconsolata.it/cerca.php?azione=det&id=3310

[…] sostenere da anni il piano è Padre Miguel Piovesan, un prete cattolico che ha definito i popoli indigeni locali come ‘preistorici’ e ha criticato le ONG internazionali per aver espresso le proprie preoccupazioni sul […]


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